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L'Imprenditoria italiana in Russia a San Pietroburgo da prova di se e sul come fare impresa all'estero

Imprenditore Italiano: Il tipico uomo d'affari italiano a San Pietroburgo conclude sistematicamente con un nulla di fatto per via del ˝fattore disturbo˝!
Imprenditore Italiano
Il tipico uomo d'affari italiano a San Pietroburgo conclude sistematicamente con un nulla di fatto per via del "fattore disturbo"!
A incominciare dalla fine dell’era sovietica, l’imprenditoria italiana si lanciò in Russia con borse colme di collant, e in testa un sacco di progetti avveniristici per un mondo nuovo, progetti a volte fattibili ed estremamente remunerativi ove portati a termine (peccato però che dietro a tutto questo, si celano spesso quelli che noi definiamo con l'aggettivo di "benemeriti pellegrini").
Nell’area di San Pietroburgo, innumerevoli sono gli impresari che sono giunti allo sbaraglio, con un mare di idee, referenze e supporti di ogni genere, ma questo non è bastato e allo stato attuale la presenza italiana nell’area è fittizia; Che qualche cosa non abbia funzionato?
Innanzitutto incominciamo col dire che l’imprenditoria di casa nostra il più delle volte nella realtà dei fatti è una pseudo-imprenditoria sorretta da personaggi che operano in attività quasi a conduzione familiare,  soggetti a cui non mancano idee megalomane, ma che il più delle volte non sono minimamente in grado di sostenere. Questo sarebbe ancora il meno, ci sono anche tutta una serie di soggetti che si presentano senza nemmeno un biglietto da visita, sostenendo d’appartenere al quadro direttivo di importanti aziende, e con amicizie molto influenti in Russia: Addirittura l'amante russa è l'ex di un consigliere di un mafioso, che conosce uno dei deputati degli uomini di Putin con rapporti di quasi parentela, quindi che ci vanno a braccetto assieme! (Quanto sento queste affermazioni mi vien pure difficile far finta di crederci).
In realtà, quasi nella totalità dei casi, questi pseudo-imprenditori non fanno nemmeno parte della azienda che vogliono far credere di rappresentare, ad andar bene hanno il cognato che ci lavora come fattorino o in qualche ufficio.
Una altra categoria di imprenditori che caratterizzano il bel paese è quella degli uomini d’affari auto convinti d’andare in Russia a fare impresa, ma in realtà ci vanno solo ed esclusivamente in quanto hanno dei legami affettivi con qualche amante, e l’impresa serve esclusivamente da pretesto, un paravento per camuffare qualche scappatella, e finanziarsi qualche giretto di piacere lontano da casa, moglie e figli (non è raro che il giretto viene sponzorizzato da un finanziamento pubblico!).
Gli imprenditori italiani nell’area di San Pietroburgo sono riusciti a fare poco o nulla durante gli anni d’oro (nel decennio addietro), quando tutto costava pochissimo, dagli stabilimenti, ai terreni, agli immobili, alla manodopera ecc. Se non si sono dati una mossa allora, non lo faranno di certo oggi che i costi per un piano d’investimento sono oramai maggiori rispetto a quelli medi del mercato globale di Europa, Asia e America.
Mi dispiace, ma l’imprenditoria italiana non è stata in grado di cogliere la palla al balzo, forse perchè troppo offuscata da missioni in cui il “fattore disturbo” faceva la sua parte: Avvenenti ragazze, locali notturni, il tutto condito da spaghetti e parmigiano in “bella compagnia” al ristorante o uno degli appartamenti presi in affitto per l’occasione.
Allo stato attuale il “made in Italy” in Russia va forte (abbigliamento, mobili, arredo, edile, elettrodomestici .ecc.), tutto venduto con ampi margini di profitto, l’unica pecca è che a dirigere il tutto ci sono imprenditori russi, forse perchè meno offuscati dal “fattore disturbo” (al massimo di sera si distraggono con una Vodkina insieme a qualche pari per discutere di cose importanti).
Allo stato attuale, all’imprenditoria nostrana non mancano occasioni per riscattarsi, sono infatti innumerevoli i nuovi impegni, per citarne uno quello del Nevskij Colosseum (http://www.tuscanyvalley.net/root/tuscanyecono_332...) , non ci resta che aspettare e vedere se all’esame di riparazione la nostra classe imprenditoriale ce la farà ad uscirne a testa alta.
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